Nella relatività generale si definisce buco nero una regione di
spazio da cui nulla, nemmeno la luce,
può sfuggire. Classicamente questo
avviene attorno ad un corpo celeste estremamente denso. Questo corpo è dotato di un'attrazione gravitazionale talmente
elevata da non permettere l'allontanamento di alcunché dalla propria
superficie. Questa condizione si ottiene quando la velocità di fuga dalla sua superficie è superiore alla velocità della luce. Un corpo celeste con questa proprietà risulterebbe
invisibile e la sua presenza potrebbe essere rilevata solo
indirettamente, tramite gli effetti del suo intenso campo
gravitazionale. Fino ad oggi sono state raccolte numerose
osservazioni astrofisiche che
possono essere interpretate (anche se non univocamente) come
indicazioni dell'effettiva esistenza di buchi neri nell'universo.
Il termine "buco nero" è dovuto al fisico John Archibald Wheeler (in precedenza si parlava di dark
star o black star).
Il
suo nome è associato ad importanti contributi in dinamica e
in astronomia -
fra cui il perfezionamento del telescopio,
che gli permise importanti osservazioni astronomiche -
e all'introduzione del metodo
scientifico (detto
spesso metodo galileiano o metodo scientifico
sperimentale). Di primaria importanza furono il suo ruolo
nella rivoluzione
astronomica e
il suo sostegno al sistema
eliocentrico e
alla teoria
copernicana.
Sospettato
di eresia e
accusato di voler sovvertire la filosofia
naturalearistotelica e
le Sacre
Scritture,
Galileo fu processato e
condannato dal Sant'Uffizio nonché costretto, il 22
giugno1633,
all'abiura delle
sue concezioni astronomiche e al confino nella propria villa di
Arcetri. Questo processo è stato annullato 359 anni dopo, il 31
ottobre1992,
dal cardinale Poupard che
scrive che la condanna del 1633 fu ingiusta e arretrata, per
un'indebita commistione di teologia e cosmologia
pseudo-scientifica e
da Papa
Giovanni Paolo II,
nel suo discorso ai partecipanti alla sessione plenaria della
Pontificia Accademia delle scienze.
Opera emblematica ed enigmatica, si tratta sicuramente del ritratto
più celebre del mondo,
nonché di una delle opere d'arte più note in assoluto, oggetto di
infiniti omaggi, tributi, ma anche parodie e sberleffi.
Il
sorriso impercettibile della Gioconda, col suo alone di mistero,
ha ispirato tantissime pagine di critica, di letteratura, di opere di
immaginazione, di studi anche psicoanalitici.
Sfuggente, ironica e sensuale, la Monna Lisa è stata di
volta in volta amata, idolatrata, ma anche derisa o aggredita.
Vera e propria icona della pittura,
è vista ogni giorno da migliaia di persone, tanto che nella grande
sala in cui è esposta un cordone deve tenere a notevole distanza i
visitatori: nella lunga storia del dipinto non sono mancati i
tentativi di vandalismo, nonché un
furto rocambolesco che
in un certo senso ne ha alimentato la leggenda.
Che cosa c'era prima degli atomi che formano il nostro Universo? Qual è l'energia necessaria per ricreare lo stato di plasma primordiale? Per capirlo si cerca di produrre energie simili a quelle che vi erano miliardesimi di miliardesimi di secondo subito dopo il Big Bang. Un passo avanti è stato fatto al Relativistic Heavy Ion Collider degli Stati Uniti. I sorprendenti risultati spiegati in questo video.
Un vulcano è
una struttura geologica complessa,
che si genera all'interno della crosta
terrestre per
la risalita, in seguito ad attività
eruttiva,
di massa rocciosa fusa
(chiamata magma)
formatasi al di sotto o all'interno della crosta terrestre.
Un
vulcano è formato da una struttura non visibile, interna alla crosta
(comprendente camera
magmatica,
condotti magmatici,...) e una struttura visibile formata dal rilievo
vulcanico. Più comunemente con il termine vulcano ci si riferisce
solo alla parte esterna e visibile dell'apparato vulcanico ossia
proprio alrilievo,
più o meno conico, formato dall'accumulo di tutti quei materiali
liquidi, solidi o gassosi, che sono stati emessi dai crateri durante
le varie fasi eruttive del vulcano stesso. Più in generale sono
vulcani tutte le discontinuità nella crosta terrestre attraverso le
quali, con manifestazioni varie, si fanno strada i prodotti
dell'attività magmatica endogena: polveri, gas, vapori e materiali
fusi solidi (vulcanismo).
La
fuoriuscita di materiale è detta eruzione e
i materiali eruttati sono lava, cenere, lapilli, gas,
scorie varie e vapore
acqueo.
Le masse di rocce che formano un vulcano vengono chiamate rocce
ignee,
poiché derivano dal raffreddamento di un magma risalito dall'interno
della Terra.
La forma e l'altezza di un vulcano dipendono da vari fattori tra cui
l'età del vulcano, il tipo di attività eruttiva, la tipologia di
magma emesso e le caratteristiche della struttura vulcanica
sottostante al rilievo vulcanico. Sulla superficie terrestre il 90%
dei vulcani sono sottomarini (in
gran parte situati lungo le dorsali medio
oceaniche) mentre circa 1500 sono quelli oggi attivi sulle terre
emerse.
In
Ecuador il vulcano
Cotopaxi,
che si trova nelle Ande, rappresenta uno dei vulcani più grandi al
mondo con un’altezza stimata a 5.897
m.
Ed è considerato anche uno
dei più pericolosi tra i vulcani attivi.
La
sua attività eruttiva è stata più volte causa di distruzione per i
villaggi circostanti. Ma state tranquilli, dal 1904 il vulcano
Cotopaxi ha continuato a dormire e oggi è solcato solo dai brividi
adrenalinici di free climbers,
bikers e turisti
appassionati di sport estremi.
Anche
il vulcano
Popocatépētl in Messico è
considerato tra i più alti esistenti e con la sua altezza pari
a 5.426
m risulta
il secondo al mondo. Il nome così evocativo richiama le parole
‘fumo’ e tepētl,
‘montagna’, vale a dire montagna che fuma nell’antica
lingua nāhuatl.
In effetti…
Sapevate
che fino agli anni Novanta Popo era un centro
ricreativo di snowboarding per
i cittadini di quella zona?
I
vulcani rappresentano uno spettacolo incredibile, in cui
un’esplosione di fuoco crea una natura sublime e al tempo stesso
colma di un
orrore ancestrale.
In
questa lista infuocata non poteva mancare l’Italia, con l’Etna.
Alto ben 3.326
m è il
più grande vulcano in Europa,
nonché il più attivo. E’ infatti conosciuto per qualcosa come 200
eruzioni stimate.
Sapete
cosa significa la parola Etna? Il nome di questo vulcano deriva
dall’arabo e vuol dire ‘montagna di fuoco’. Alla faccia della
non integrazione razziale.
Dal
celebre Fujiyama
in Giappone al
cileno Llaima,
alla pacifica ma magmatica Indonesia
con il Gunung Merapi.
Un
team di ricercatori dell’Università del sud della California e
dell’Università di Stanford è riuscito a catturare con un
dettaglio mai raggiunto l’attività di un neurone. E lo ha filmato,
catturando il movimento avanti e indietro delle singole proteine. I
ricercatori hanno filmato il tutto con un microscopio elettronico,
illuminando i neuroni con le proteine bioluminescenti GFP (green
fluorescent protein)
ricavate da una specie di medusa.
Pur
non essendo coinvolgente quanto un reality show, il video mostra
chiaramente la vita di un neurone e come le proteine, che sono i
mattoni fondamentali del cervello, si muovano avanti e in dietro
attraverso le strutture dei neuroni. Questa
continua “spola” delle proteine provvede a rinnovare la struttura
dei neuroni. Nel corso di una settimana, mediamente, tutte le
proteine delle nostre cellule nervose vengono rinnovate attraverso
questi flussi. Come spiega Don Arnold, uno degli autori della ricerca
pubblicata suCell
Reports,
«il nostro cervello si smonta e si ricostruisce ogni giorno. Tra una
settimana il vostro cervello sarà costituito da proteine
completamente diverse rispetto ad oggi».
In pratica si tratta di fili vetrosi al cui interno viaggia ad alta frequenza un capo elettromagnetico. Nellʼambito delle telecomunicazioni questo implica la possibilità di coprire grandi distanze fornendo lʼaccesso alla banda larga. Questi tipi di cavi presentano molti vantaggi, in primis lʼalta resistenza alle avverse condizioni climatiche e ai campi elettromagnetici. Inoltre sono leggeri e facili da maneggiare.
Zone cablate e operatori
Ad oggi non esiste una mappa precisa che indichi quali siano le città, o quantomeno, le zone che in Italia risultano cablate.
Dove arriva la fibra ottica? Le notizie più attendibili, forse le uniche, arrivano dagli stessi operatori di rete.
Indicativamente, le zone coperte sono quelle più popolose, dove peraltro già cʼè una buona copertura di rete.
Ad esempio lʼoperatore Fastweb offre una banda Download/Upload simmetriche fino a 10 Mbit/s in determinate città coperte dalla rete in fibra. Inoltre riesce a fornire fino a 100 Mb/s in download e 50 Mb/s in upload erogata a chi abita a Milano, Torino, Genova, Bologna, Roma, Napoli e Bari pagando circa 15 Euro al mese in più rispetto ad un comune contratto ADSL.
Telecom non dispone ancora di un piano di abbonamento relativo a questa tecnologia. Per quanto riguarda Telecom si sa solo che in teoria entro il 2018 il 50% della popolazione dovrebbe essere coperta. Illusione o realtà? Staremo a vedere.
Si stanno invece muovendo piccoli operatori che tuttavia ricoprono solo alcune zone. Unidata, ad esempio, si concentra su alcune zone di Roma, già raggiunte da Fastweb. Lʼoperatore propone 2 tipi di connessione, UniFiber-50 e UniFiber-100 con lo scopo di portare la connessione nelle case a 50 o 100 Mbit/s. Il costo è di 48 Euro per il primo e 80 per il secondo. Router e Wi-fi sono compresi.
Anche Wind e Vodafone si stanno muovendo sul fronte fibra ottica, ma per ora non ci sono piani tariffari nè tantomeno è possibile reperire una tabella che indichi quali siano le zone cablate.
La situazione italiana
Ancora un poʼ caro per le tasche degli italiani, quindi non tutti gli operatori sono disposti ad investire. Per vendere il collegamento in fibra agli utenti ad un prezzo ragionevole i prezzi allʼingrosso e di trasporto della banda imposti da Telecom dovrebbero essere inferiori a quelli attuali.
Telecom non avrebbe in questo caso interesse a far entrare altri operatori nel mercato, per questo preferisce vendere il “Pacchetto” completo, ovviamente ad un prezzo maggiorato. Tutti i parametri sono scelti da Telecom, senza possibilità di personalizzazione da parte dei singoli operatori. In questo modo la situazione resta in fase di stallo.
Il futuro di questa tecnologia:
LʼItalia in ambito di comunicazione, e non solo, è un paese che si muove sempre in ritardo rispetto al resto del mondo occidentale. Le motivazioni sono svariate, ma principalmente di natura economica. Sembra ovvio che fino a quando la legge non si pronuncerà in maniera chiara, le aziende più grandi, che spesso lavorano in una situazione di oligopolio, se non monopolio, cercheranno di mantenere vivi solo i propri interessi, a discapito di quelli degli utenti.
Giovanni Amelino-Camelia, fisico teorico dell’Università La Sapienza di Roma che molto si è speso in questi ultimi mesi nel cercare di capire i risultati dell’esperimento OPERA, quelli della presunta velocità superluminale dei neutrini, prova a tracciare un bilancio di tutta la vicenda in un articolo che cambia la sua prospettiva, non più ricerca scientifica ma filosofia della scienza: “Phenomenology of Philosophy of Science: OPERA data” è infatti il suo titolo.
L’idea originaria di Amelino-Camelia si fondava sulla sua teoria della relatività doppiamente speciale e del principio di località relativa, teoria in cui si immagina un universo con un “vuoto” che ha una risposta differente a seconda dell’energia della particella che lo attraversa (mi scuserete l’estrema semplificazione, spero). Un’ipotesi del genere permetteva di evitare una rottura drastica dell’invarianza di Lorentz (il fatto cioè che sia possibile superare il limite della velocità della luce nel vuoto) e ipotizzarne solo una “deformazione” attraverso una modifica opportuna della relazione tra la velocità e l’energia dei neutrini.
Grazie ai dati della missione Cassini, sono stati individuati depositi di metano liquido nella regione equatoriale di Titano. A differenza di quelli situati nelle zone polari, sono probabilmente alimentati da depositi sotterranei, come le oasi nei deserti terrestri.
Immagine di Titano ripresa dalla sonda Cassini da una distanza di circa 1,4 milioni di km con sullo sfondo l’anello di Saturno. La macchia scura a cavallo dell’equatore di Titano è la regione denominata Shangri-La, dove dai dati raccolti dalla sonda Cassini risultano essere presenti depositi di metano liquido, formati non dalle piogge di questo idrocarburo, ma dal emersione di depositi presenti nel sottosuolo, come nel caso delle oasi terrestri. (NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute)
L’atmosfera complessa di Titano, che con i suoi 5.150 chilometri di diametro è il più grande degli oltre 60 satelliti di Saturno, mostra i fenomeni tipici di quella terrestre, con venti e nuvole e piogge di metano che danno origine a dei laghi sulla sua superficie, dove la temperatura media è di circa -180 gradi °C, in tutto simili a quelli che si trovano sulla Terra, ma con il metano al posto dell’acqua. Se finora i laghi di metano erano stati individuati nelle regioni polari, ora una ricerca rivela che ve ne potrebbero essere altri nelle regioni equatoriali. Particolarmente interessanti, perché a differenza di quelli ai poli sarebbero riforniti da depositi di metano presenti sotto la superficie, e non dalle piogge come nel caso dei depositi di idrocarburi liquidi esistenti alle latitudini più elevate.
Lago tropicale
Un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Arizona, usando lo strumento VIMS (Visual and Infrared Mapping Spectrometer), ha analizzato le immagini riprese nel vicino infrarosso su un’area nella regione tropicale di Titano, denominata Shangri-La, non lontana dal luogo dove nel 2005 si posò la sonda europea Huygens. Nel loro insieme le immagini, riprese tra il 2004 e il 2008, evidenziano una regione scura di forma ovale, le cui dimensioni sono di circa 60 x 40 km. Le analisi dei dati ipotizzerebbero l’esistenza di un lago tropicale la cui estensione totale è di circa 2.200 km quadrati (più o meno 10 volte la superficie del Lago Maggiore) ma suggeriscono anche la presenza di altri laghi, più piccoli e meno profondi, simili alle nostre paludi. Tuttavia la presenza di un lago di queste dimensioni in zona equatoriale sembra implicare che non siano le piogge di metano a rifornirlo, ma, più probabilmente, come avviene sulla Terra nelle oasi, il liquido sorgivo che affiora dal sottosuolo.
Il metano viene da sotto
I modelli della circolazione atmosferica di Titano dicono, infatti, che il metano viene trasportato dall’equatore verso i poli del satellite, e non viceversa. Inoltre se il lago fosse rifornito solo dalle piogge evaporerebbe durante la stagione secca, mentre le immagini di Cassini mostrano che si tratta di una struttura permanente. Secondo gli autori dello studio, un lago di metano a quella latitudine si spiega solo con l’emersione del fluido da un deposito sotterraneo. Questo spiegherebbe, inoltre, come Titano rinnova il suo metano atmosferico, che viene “consumato” dalla radiazione ultravioletta solare, la quale dissociando le molecole dà inizio ad una catena di reazioni chimiche organiche complicate, le quali danno origine ad altri idrocarburi più complessi
Gli indizi di Huygens
La presenza del lago equatoriale, seppur non prevista dalle teorie correnti di circolazione atmosferica su Titano, poteva essere intuita da alcuni indizi. In primo luogo, le immagini inviate dalla sonda Huygens durante la sua discesa nell’atmosfera di Titano avevano messo in evidenza, nelle regioni tropicali nelle vicinanze del luogo di atterraggio della sonda, strutture fluviali che potevano condurre alla presenza di corpi acquiferi. In secondo luogo, sempre la sonda Huygens subito dopo l’atterraggio sulla superficie aveva rilevato l’emissione di uno sbuffo di metano, che aveva dimostrato come il sottosuolo di Titano sia ricco di questo composto. Infine, lo strumento VIMS aveva messo in evidenza come tutta la fascia equatoriale di Titano avesse una riflettività molto più bassa rispetto a quella delle regioni polari e quindi una maggior abbondanza di composti organici (più scuri del ghiaccio).
Sotto controllo
La sonda Cassini ha ancora molte opportunità di passaggi ravvicinati a questa luna di Saturno, quindi, avendo a disposizione una maggiore quantità di dati raccolti in tempi diversi, potremo chiarire gli aspetti ancora oscuri relativi alla distribuzione del metano liquido su Titano e al ciclo di questo idrocarburo.
Un'incredibile sequenza di foto mostra l'insetto mentre cerca di estrarre il pungiglione dal braccio di un malcapitato apicoltore, perdendo parte del tessuto addominale: è la prima volta che una puntura viene immortalata dal vivo.
La sequenza di scatti sarà ora utilizzata a fini didattici, per illustrare le dinamiche della puntura di un'ape (delle quali finora esistevano solo illustrazioni sui libri di testo, come spiega il Sacramento Bee, un giornale californiano che ha documentato l'accaduto).
Subire un trauma che ti rende paralizzato è una tragedia, ma non in un prossimo futuro non ti impedirà più i movimenti più fondamentali. Non fantascienza ma realtà. BrainGate ha sviluppato un sistema innovativo per usare il pc, bere il caffè e muovere arti robotici col pensiero.
Funziona davvero! - Per la prima volta si è riusciti a far muovere un braccio artificiale tramite il pensiero. Si tratta di BrainGate, un progetto sperimentale portato avanti da Leigh Hochberg, neurologo della Brown University di Providence, Massachusets. Il sistema - il cui studio è stato pubblicato su Nature lo scorso 16 maggio - sfrutta un chip di soli 4 millimetri di spessore impiantato nel cervello nell’area delle terminazioni nervose responsabili dei movimenti e invia i “istruzioni” a un computer che rielabora i dati generando i comandi per il software.
Risultati eccezionali - Gli esperimenti sugli esseri umani sono iniziati nel 2004 su 100 volontari. Il primo a riuscire a muovere un arto robotico è stato Matt Nagle, un 25enne paralizzato dal collo in giù. Da allora sono stati fatti numerosi passi avanti. Ora, infatti, non si tratta più di semplici movimenti, ma di vere e proprie azioni. Vedere una volontaria muovere l’arto nello spazio tridimensionale e bere da sola un caffè è stato evento che ha emozionato tutto lo staff. La donna aveva avuto un infarto molto tempo che le le fosse impiantato il sistema cinque anni fa. L’altro grande passo avanti è stato anche constatare che i suoi ricettori motori funzionassero ancora.
Ma come hanno fatto? - I ricercatori sono partiti da “molto lontano”. All’inizio hanno dovuto mappare le attività del cervello per poterle insegnare al braccio meccanico. I volontari hanno dovuto immaginare di poter muovere l’arto, mentre in realtà veniva mosso separatamente. Questo ha fatto sì che successivamente i pensieri producessero movimenti reali.
Un futuro migliore - Gli studi ovviamente non si fermano qui perché i ricercatori vogliono rendere il sistema più piccolo, wireless ma soprattutto abbastanza affidabile da permetterne un utilizzo costante. Ma il sogno del professor Hochberg va ben oltre. L’idea è di voler rendere il chip adatto a comunicare i segnali direttamente negli arti delle persone invalide, in modo da riattivare le parti stesse del corpo senza dover utilizzare meccanismi robotici.
Per tutti - Lo studio è in parte finanziato dalla Defense Advanced Research Projects Agency, agenzia americana per la ricerca di nuove tecnologie militari, nella speranza che si possano aiutare anche i veterani di guerra. Noi ci auguriamo che presto un sistema come questo possa essere alla portata di tutti coloro che ne hanno bisogno.
Il nuovo apparecchio “sniffa tumori” arriva dal Georgia Institute of Technology e potrebbe finalmente semplificare un’operazione molto delicata come la ricerca nell’organismo di eventuali cellule maligne. Al momento quelle ai polmoni e al seno.
"Può effettuare analisi preventive sui tumori ai polmoni e al seno"
Test di prova - Un gruppo di scienziati del Georgia Institute of Technology (Atlanta, Stati Uniti) - in coccasione dell’annuale evento organizzato dall’American Society of Clinical Oncology lo scorso 2 giugno a Chicago - ha presentato uno strumento in grado di individuare eventuali masse cancerogene. È un progetto ancora in fase di test e sviluppo e, al momento, sembra rivelarsi affidabile solo in caso di tumori ai polmoni e al seno. Ma è già un buon punto di partenza.
Facile come respirare - Basta soffiare all’interno di un tubo per consentire all’apparecchio di esaminare tutte le sostanze presenti nel respiro ed effettuare le analisi necessarie per la diagnosi. A vederlo sembra davvero semplice da utilizzare, sia per chi è del mestiere sia per chi si trova nella scomoda posizione di paziente.
Antenati ingombranti - La speranza è quella che tu non abbia mai a che fare con questo genere di strumentazione, ma già sapere che qualcosa di simile è in fase di studio è un passo avanti. I macchinari utilizzati finora per diagnosticare i tumori sono ingombranti, invasivi e anche molto costosi. Come se non bastasse sono anche difficili da utilizzare. Questo sistema sembra risolvere in un batter d’occhio tutti questi problemi.
Un guadagno per tutti - Se davvero si dimostrerà efficace, potresti risentirne parlare presto. Non è da sottovalutare come effettivamente questo dispositivo sia in grado di abbatterebbe costi e manutenzione. Pensa, inoltre, a come ne trarrebbero vantaggio paesi finora completamente sprovvisti di apparecchiature di quest tipo, non solo per questioni economiche, ma anche a causa di tabù ideologici e religiosi.